Cantucci e vin santo: storia e golose curiosità di un dessert che ha conquistato tutto lo Stivale

Siamo appassionati di cibo tradizionale ma non solo quello siciliano. Ci piace esplorare le usanze culinarie di altre regioni italiane, ricche di storia e di vicende passate, perché l’Italia è un continente unico, un vero e proprio museo di arte e cose buone. Una regione che troviamo molto vicina alla nostra Sicilia con il suo mare, le sue opere d’arte e i suoi colori è la Toscana, a cui ci siamo ispirati per uno dei prodotti che più ci piace sfornare: i cantucci.
I cantucci, detti anche biscotti di Prato o biscotti etruschi, sono uno dei maggiori vanti dolciari della cucina toscana. Le prime attestazioni dell’esistenza dei cantucci si hanno nel XVII secolo quando nel 1691 il dizionario dell’Accademia della Crusca ne diede la seguente definizione: “biscotto a fette, di fior di farina, con zucchero e chiara d’uovo”. I cantucci più famosi del tempo venivano prodotti a Pisa, come testimoniato dal naturalista Francesco Redi che ne fa riferimento nel suo “Libro di Ricordi”. La prima ricetta documentata di questo dolce è un manoscritto, conservato nell’archivio di Stato di Prato, di Amadio Baldanzi, un erudito pratese del XVIII secolo.
Le mandorle entrarono a far parte della ricetta dei cantucci, in un secondo momento, a partire dall’Ottocento. In quello stesso periodo Antonio Mattei, pasticciere di Prato, ne mise a punto una ricetta divenuta poi classica, con la quale ricevette numerosi premi a fiere campionarie in Italia e all’estero, tra cui una menzione speciale all’esposizione universale di Parigi del 1867. La bottega di “Mattonella” (nome popolare del biscottaio) esiste ancora oggi a Prato ed è considerata la depositaria della tradizione dei cantucci.

La tradizione culinaria Toscana si è diffusa un po’ in tutta Italia, subendo delle piccole tipizzazioni regionali nel nome e nella composizione. Nel Lazio e in Umbria i cantucci vengono chiamati “tozzetti”, in Basilicata “stozze”, e in Sicilia, nelle zone di Marsala, tagliancozzi. Anche i nostri cantucci, pur basandosi sulla grande tradizione toscana, risultano, per l’utilizzo di certi ingredienti, “sicilianizzati”. Infatti, nel nostro panificio produciamo non soltanto i tradizionali cantucci alla mandorla impreziositi con dell’uvetta passa, ma anche dei deliziosi cantucci con pistacchio e arancia. I cantucci sono dei biscotti a lunga conservazione, per questo, sempre nel rispetto dei nostri valori artigianali, amiamo farli naturalmente senza conservanti, solo con: farina, uova, zucchero, uvetta sultanina o arancia, mandorle o pistacchio, rum, aroma naturale al limone e bacche di vaniglia.

La tradizione storica lega inesorabilmente il consumo dei cantucci al vin santo, che ha il compito di ammorbidirne la consistenza e di esaltarne il sapore e la dolcezza. Il vin santo altro non è che il vino passito. Sull’origine di questo bizzarro nome ci sono varie teorie.
Una parla di un frate francescano che nel 1348 curava le vittime della peste con un vino che era comunemente usato dai confratelli per celebrare messa e che, quindi, fu subito etichettato come santo, per le miracolose proprietà curative che sembrava possedere. Un’altra versione rimanderebbe ad un episodio avvenuto durante il Concilio di Firenze del 1439, in cui il metropolita greco Giovanni Bessarione proclamò, mentre stava bevendo il vino: “Questo è il vino di Xantos!”, forse riferendosi ad un certo vino passito greco di Santorini. I suoi commensali, che avevano confuso la parola “Xantos” con ‘santos’, credettero che egli avesse scoperto nel vino qualità degne di essere definite “sante”. Secondo un’altra versione il vino fu denominato vin santo perché anticamente le uve venivano fatte appassire fino alla settimana santa per poi essere pigiate e torchiate. L’origine meno romantica, ma probabilmente più verosimile, è l’associazione di questo vino con il suo uso comune durante la funzione eucaristica. Qualunque sia il malinteso storico e linguistico legato all’origine di questo nome, la denominazione “vin santo” si è consolidata e trascinata lungo i secoli, fino ad arrivare a noi.

Tanta è, quindi, la storia dietro a questo particolare dessert secco che è delizioso da assaporare soprattutto nel periodo autunnale ed invernale, con l’immancabile inzuppo in un buon vino passito, detto anche, oltre a vin santo, vino da meditazione! Si tratta di un dessert dal sapore secco, piacevole e deciso, dedicato a chi non ama i dolci troppo dolci e a chi ha voglia di godersi una bontà diversa dal solito, fuori dalle righe.